19 luglio 1992: la strage di Via D’Amelio e la scomparsa di Paolo Borsellino.

dal 18/07/2020 al 25/07/2020

Biblioteca comunale

 

Il 19 luglio del 1992, 28 anni fa, a Palermo, il magistrato Paolo Borsellino, simbolo con il Giudice Falcone della lotta contro la mafia, veniva barbaramente ucciso di fronte al palazzo dove abitava sua madre. Erano le 16.58 di domenica 19 luglio 1992.
Ricordo lucidamente quel giorno, era una domenica pomeriggio di luglio. Una domenica, proprio come oggi. I ricordi mi si dipanano nella mente in maniera chiara, incancellabile. La televisione, le immagini terribili, il dolore – immenso – che provai. Ricordo come fosse ora la notizia, data da tutti i telegiornali, di quel terribile attentato. Come già mi accadde poco più di mesi prima di quel tragico giorno, il 23 maggio del 1992 (Strage di Capaci), compresi immediatamente che, almeno per ciò che riguarda la coscienza civile di tutti i cittadini, niente sarebbe stato più come prima. Ed infatti tutto ciò che – da quel momento – ebbe a che vedere con la lotta alla mafia, non sarebbe più stato come prima. Stavo attraversando la fase della vita in cui si cercano le risposte, sul significato della stessa, su quali siano i valori che si cercano come riferimento. Domande, dubbi, incertezze che però, dopo quei due ignobili attentati (Falcone e Borsellino) trovarono immediatamente una risposta: quella della giustizia e dello schierarsi, sempre e ovunque, contro la sopraffazione e contro ogni forma di mafia.
Quello fu, per il Paese intero, un sussulto, un moto di orgoglio. Il Paese si destò e decise di affrontare la mafia. Un moto di coscienza, si svegliò dentro ognuno di noi.
Ventotto anni sono passati da quel giorno; sono molti anni, una generazione intera. Da allora, tanti giovani e ragazzi sono nati, cresciuti, dopo quegli orrendi delitti con i valori incarnati da Falcone e da Borsellino. I due uomini che hanno dato la vita per noi, per un mondo migliore, più giusto: un mondo senza mafia.
In Italia abbiamo sviluppato, nel corso degli ultimi anni, soprattutto dopo quella stagione orribile di stragi, un modello di contrasto alla criminalità organizzata che viene presa a modello in molti altri Paesi.
Ma questo, purtroppo, non basta. Dobbiamo coltivare la memoria di quegli orrendi fatti. Dobbiamo raccontarlo ai più giovani, agli studenti, alle nuove generazioni, a coloro che saranno gli uomini e le donne del futuro. Non possiamo arretrare di un millimetro contro coloro che ci vogliono soggiogati.
Falcone e Borsellino, come tanti altri servitori delle istituzioni, caduti per mano della mafia, erano straordinari nel loro impegno ma si sentivano – ed erano – persone normali. La loro era la normalità nel darsi completamente per sconfiggere la mafia.
Falcone un giorno disse: «Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali, e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini».
Ecco la grandezza di questi uomini. Ecco cosa dobbiamo fare. Lottare, lottare con la convinzione delle nostre idee.
Desidero concludere questo ricordo di Paolo Borsellino, riportando quanto dichiarato, tre anni fa, nel 25° anniversario della strage di Via d’Amelio, dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “Oggi ricordiamo Paolo Borsellino non perché è stato assassinato ma perché ha vissuto in maniera autentica il suo servizio allo Stato, con coraggio, con dedizione e con tenacia, facendo della mitezza d'animo uno dei suoi punti di forza. A lui il Paese è riconoscente per la testimonianza che ha reso, per il sacrificio a cui è stato sottoposto e, con lui, la sua famiglia, per il grande senso di umanità, di giustizia, di speranza che ha permeato tutta la sua esistenza, dedicata, con efficacia straordinaria, all'obiettivo che la Sicilia e l'Italia fossero liberate dalla mafia.”.
Grazie Borsellino. Grazie a te e a Falcone, l’Italia è – oggi – un Paese migliore; un Paese più civile.

Il Responsabile del Settore Cultura
Roberto Marraccini


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