25 APRILE, LIBERAZIONE DAL NAZIFASCISMO: LA FESTA DI TUTTI GLI ITALIANI

dal 25/04/2020 al 09/05/2020

Biblioteca comunale

 

75 anni fa, il 25 Aprile del 1945, l’Italia si liberava di un regime dittatoriale – che ne aveva minato in profondità i propri valori fondanti; si liberava anche dall’occupazione nazista, da quel regime – similare a quello fascista visto che molti storici ne hanno analizzato i tratti comuni, le sfaccettature, le somiglianze e le differenze – che aveva, in sostanza, spinto il fascismo a sposarne le tesi razziste.
Si concludeva, tragicamente, un ventennio che aveva portato la violenza, con la V maiuscola, incarnata dalle squadre di camicie nere il cui compito era di “educare” coloro che osavano pensarla diversamente, o meglio, che osavano pensare ed esprimere la propria opinione, in contrasto con il regime. Un regime che aveva imposto, agli italiani, le leggi razziali, avallate dalla Monarchia (vergogna indescrivibile per il nostro Paese). Un regime che aveva costruito, con il terrore e la violenza, l’abolizione della libertà di parola, l’abolizione della libertà di informazione, l’abolizione del dissenso politico (sale della democrazia) ecc. Un regime, dunque, illiberale che, con le Leggi fascistissime o leggi eccezionali del fascismo (del 1925 e del 1926), aveva instaurato – con un salto definitivo verso la brutale tirannia – un sistema di potere incentrato sull’eliminare con la forza e gli omicidi le voci dissenzienti.
Era sospesa la libertà, era sospesa la capacità di espressione. Un regime che, ormai in preda alla propria onnipotenza ed intoccabilità, eliminava, con l’assassinio politico, il più importante esponente dell’opposizione parlamentare, colui che cercò – fino al’ultimo e strenuamente – di opporsi alla distruzione del sistema democratico: Giacomo Matteotti.
La Liberazione, coincidente con la decisione – presa poi con Legge, la n. 260 del 1949 – di datarla il 25 aprile (giorno della proclamazione dell’insurrezione da parte del CLNAI – Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, di tutti i territori occupati dai nazifascisti) è stata la conclusione di una terribile guerra civile che venne combattuta tra italiani, dal 1943 al 1945. Su questo, credo che ormai vi sia concordanza di giudizio. Ovviamente, occorreva uscire e cancellare un regime dittatoriale che aveva annientato qualsiasi libertà e ogni anelito di democrazia esistesse primo dell’avvento di Mussolini. Ma le vicende, tragiche, di quello scorcio di storia nazionale, ancora oggi creano profonda afflizione.
Oggi, in piena emergenza pandemica di COVID-19 che, mi auguro, farà tornare tutti noi con i piedi un po’ più per terra e maggiormente consapevoli dei valori più puri della nostra vita, festeggiamo e ricordiamo il giorno della Liberazione, il giorno che ha ridato speranza all’Italia e le ha restituito la libertà e la democrazia perdute.
La giornata della Liberazione dovrebbe, anzi deve, finalmente, diventare la Festa di tutti, di tutti gli italiani. Se ne parla fin da quando ho cominciato ad avere l’età della ragione, fin da quando ero bambino. Espressioni come: “La Liberazione non è la Festa di tutti, è nostra, non potrà mai essere di tutti quanti”, ecc. Ma perché? Perché, finalmente, non si riesce a fare un salto in avanti e a decantare definitivamente il nostro passato. Lo hanno fatto in molti. Pensiamo al mettersi di fronte alla propria storia che ha fatto la Germania, oppure al Sudafrica (dopo l’apartheid), con Nelson Mandela e Frederik de Klerk che hanno vinto, proprio per i loro sforzi di pace e reciproco rispetto, il Premio Nobel per la Pace nel 1993. E perché non possiamo farlo anche noi? Perché, ancora oggi, il 25 aprile produce così tante – e spesso aspre – divisioni?
Penso sia davvero giunto il momento di dire basta. Basta alle divisioni, ideologiche e pregiudiziali. Il 25 aprile ha rappresentato la vittoria dei giusti contro coloro che erano ed avevano scelto di stare dalla parte sbagliata.
Oggi, ancora, purtroppo, nonostante il lungo tempo trascorso, nonostante la decantazione che la storia realizza, questo retaggio e queste divisioni persistono, rimangono in certe incrostature di pensiero e in determinate prese di posizione, ideologiche.
Credo che occorra partire con la chiarezza di idee su quello che è il percorso da fare, per la definitiva presa d’atto della Festa della Liberazione come Festa di tutti gli italiani. E allora ricordo, semplicemente, quanto pronunciò Luciano Violante, nel giorno della sua elezione a Presidente della Camera dei Deputati: “Oggi del Risorgimento prevale un’immagine oleografica e denudata dei valori profondi che lo ispirarono. La Resistenza e la lotta di liberazione corrono lo stesso rischio e, per di più, non appartengono ancora alla memoria collettiva dell’Italia repubblicana. Mi chiedo, colleghi, me lo chiedo umilmente, in che modo quella parte d'Italia che in quei valori crede e che quei valori vuole custodire e potenziare nel loro aspetto universale di lotta alla tirannide e di emancipazione dei popoli, non come proprietà esclusiva, sia pure nobile, della sua cultura civile o della sua parte politica, mi chiedo – dicevo – cosa debba fare quest'Italia perché la lotta di liberazione dal nazifascismo diventi davvero un valore nazionale e generale, e perché si possa quindi uscire positivamente dalle lacerazioni di ieri. Mi chiedo se l’Italia di oggi – e quindi noi tutti – non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri” (Camera dei Deputati, 9 maggio 1996 – XIII Legislatura, Seduta n. 1, intervento On. Luciano Violante, appena eletto Presidente della Camera).
Parole di un’attualità straordinaria; parole che mi auguro possano diventare pensiero su cui riflettere e su cui impegnarsi per il futuro.

Il Responsabile del settore Cultura
Roberto Marraccini





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